The Human Factor: le persone al tempo del digitale

La componente umana è di estrema importanza, nonostante l’era digitale. Per affrontare efficacemente le più grandi sfide sociali e tecnologiche di oggi, bisogna pensare in modo critico al loro contesto umano. 

In molti, tuttavia, continuano a sostenere che bisognerebbe spingere i giovani a puntare tutto sui cosiddetti "campi STEM" (acronimo che deriva dall'inglese: Science, Technology, Engineering and Mathematics). 

Questa mentalità è sbagliata, perché  se si vuole preparare gli studenti a risolvere i problemi umani su larga scala, bisogna spingerli ad ampliare, non limitare, la loro educazione e i loro interessi. 

Tantissimi sono i leader del settore tecnologico che si sono laureati in materie umanistiche, per citarne alcuni:

  • Stewart Butterfield (Slack) è laureato in filosofia; 
  • Jack Ma (Alibaba) è laureato in inglese;
  • Susan Wojcicki (YouTube) è laureata in storia e letteratura; 
  • Brian Chesky (Airbnb) è laureato in belle arti. 

TECNOLOGIA E LETTERATURA

Certo, è assolutamente necessario avere esperti tecnici, ma c’è anche bisogno di persone che capiscano il comportamento umano. Un'esperienza di apprendimento a tutto tondo, apre le persone a nuove opportunità e li aiuta a sviluppare prodotti che rispondano ai reali bisogni umani. 

Questo approccio è anche al centro del pensiero di Gary Saul Morson e Morton Schapiro, professori di discipline umanistiche ed economiche, rispettivamente, presso la Northwestern University, i quali sostengono che quando i modelli economici falliscono, lo fanno per mancanza di comprensione umana.

 L'economia tende a ignorare tre cose: 

  1. l'effetto della cultura sul processo decisionale; 
  2.  l'utilità delle storie nello spiegare le azioni delle persone; 
  3. le considerazioni etiche. 
I due professori propongono l'uso della letteraturasuggeriscono che gli economisti potrebbero ottenere saggezza leggendo i grandi scrittori, che hanno una visione più profonda delle persone rispetto agli scienziati. 


OLTRE AI NUMERI

Le profonde conoscenze culturali di cui le aziende hanno bisogno non derivano solo dalle ricerca di mercato, guidate dai numeri, ma anche dagli studi umanistici su: testi, lingue e persone. A nulla servono enormi quantità di dati se non c’è un orizzonte interpretativo in grado di attribuirne il senso. Se la conoscenza scientifica e tecnologica consente di raccogliere informazioni dettagliate sui processi complessi di oggi, è la conoscenza umanistica in grado di collocare queste informazioni in un quadro più ampio. 

Può essere addirittura pericoloso fare affidamento solo sugli algoritmi, come sostiene la matematica statunitense Cathy O'Neil, autrice del blog mathbabe.org e scrittrice del saggio "Armi di distruzione matematica. Come i Big Data aumentano la disuguaglianza e minacciano la democrazia."


SOFT SKILLS NELLA DIGITAL TRANSFORMATION

Nell'era dell'industria 4.0 sono sempre più necessarie soft skill, come: 

  • empatia;
  • creatività;
  • pensiero critico;
  • collaborazione.
Specialmente in un mondo che prevede di investire sempre di più nella tecnologia, accanto al concetto del "saper fare" bisogna aggiungere anche quello del "saper essere".




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