Tempi interessanti in arrivo. Riflessioni e pensieri sparsi sui cambiamenti che ci attendono.



InnovA - 20 settembre 2018


Tempi interessanti in arrivo.

Riflessioni e pensieri sparsi sui cambiamenti che ci attendono.





“Ti auguro di vivere in tempi interessanti” è questa la maledizione/augurio, tratta dalla tradizione cinese, con la quale il filosofo S. Zizèk apre la sua riflessione sulle trasformazioni che hanno seguito il crollo della ex Unione Sovietica e che hanno poi coinvolto tutto il mondo a partire dagli ultimi venti anni. 
Tempi di trasformazione, di ridefinizione e definizione di nuovi e vecchi paradigmi, tempi nei quali l’unica certezza pare essere che lo ieri non sarà uguale al domani.
Anni liquidi, parafrasando un altro famoso storico, nei quali le trasformazioni si susseguono ad un ritmo incalzante, martellante, senza posa. Trasformazioni tecnologiche in primis ma anche sociali e comportamentali, cambiamenti che hanno un impatto incredibile sulle nostre vite, anche nella nostra quotidianità. 
Uno dei temi forti di Innova - la fiera della innovazione nella filiera dell’acciaio - è riassumibile in quel trito motto che in varie forme professa che “il Mondo sta cambiando”: questa affermazione è superata, il Mondo E’ cambiato, e sta continuando a farlo ad un ritmo mai visto prima. Ogni giorno si inventa qualcosa di nuovo, ogni minuto il limite dell’orizzonte si sposta sempre più in là verso nuove terre, spalancando davanti a noi immense ed inedite nuove frontiere. 
Dati alla mano, i sociologi sono concordi che il mondo stia migliorando: meno guerre, l’inquinamento ha un trend calante, ci sono più laureati, più medici, cure migliori, si vive più a lungo ed in sicurezza, l’accesso alla rete è ai massimi storici e anche sotto l’aspetto economico la situazione è indubbiamente migliore rispetto alla epoche passate … Eppure qualcosa non va, non c’è ottimismo, la fiducia verso il futuro è ai minimi storici. Ma se tutto va bene, come mai c’è questa diffusa mancanza di ottimismo? 

Nelle epoche passate, nelle epoche di grandi cambiamenti come è stata l’Età della Rivoluzione Francese o la Belle Epoque alle grandi trasformazioni era sempre accompagnata una fiducia quasi fanatica, o comunque il senso predominante era quello di ottimismo nei confronti del nuovo. Sicuramente il cambiamento comporta anche resistenze, paura, ma di fronte alla grande presa di coscienza della borghesia, ai progressi nella chimica, nella metallurgia, alle invenzioni della locomotiva, dell’automobile e degli aerei, ai miracoli di Edison e di Tesla come è possibile non farsi contagiare un minimo da una febbre di speranza in un progresso continuo e dirompente? Oggi il cambiamento è visto come una sfida dalle elité della industria e della ricerca, dai visionari, ma la massa dei non addetti ai lavori è pronta per il “Grande Balzo” richiesto dalla Industria 4.0?

Forse oggi i cambiamenti sono troppo veloci, troppo grandi per poter essere metabolizzanti rapidamente dalla maggioranza della popolazione, questa velocità scatena paura e diffidenza, o forse nella massa, in quel aggregato capace di grandi slanci di umanità così come di mettere a nudo la natura più animalesca e selvaggia dei nostri animi, si è attivato quel campanello d’allarme, istintivo, atavico, antico come la nostra stessa specie, un sentimento illogico, emozionale come quello che avvisava i nostri antenati dell’arrivo di un temporale o di una minaccia, invisibile, nascosta nell’erba alta della savana. Forse un primordiale “senso di ragno”, citando il mondo dei fumetti, che ci avvisa di un pericolo in avvicinamento.
Viviamo indubbiamente in “tempi interessanti” ma essi sono una benedizione o una maledizione? Nella Cina antica, immobile per secoli, sprezzante e insensibile ad ogni perturbazione esterna, ad ogni mutamento, ad ogni trasformazione questa frase assumeva un significato tendenzialmente negativo: un sarcastico augurio di perdere la tranquillità di una vita che scorre tranquilla e sempre uguale, fatta di cicli che sempre si ripetono uguali a sé stessi, senza rivoluzioni, senza rotture. 

Ma non viviamo più nella Cina del XV° secolo e la vita agra e tranquilla è ormai solo un lontano ricordo persino nelle regioni più remote del pianeta; rimangono poche sacche ormai di quella vita che la nostra specie ha vissuto per millenni, uno stile di vita nel quale i tempi erano dettati dalle stagioni e non dalle scadenze di fatturazione o dai ritmi inumani del Progresso e dell’Economia. Una vita in riva al mare, su una sperduta isola nel Pacifico, o persa nelle steppe della Mongolia sotto cieli limpidi e stellati, una vita con un occhio al presente ed uno al Passato, agli antenati al rapporto con gli avi, oggi i nostri occhi sono puntati dritti sul futuro, verso una meta della quale da tempo abbiamo perso le coordinate. 
Abbiamo affidato le nostre vite alla Tecnologia, alle Economie ed esse come demoni hanno preso vita propria, Golem a cui noi stessi abbiamo dato sostanza ma che ben presto sono sfuggiti al nostro controllo e che ora ci conducono verso destini incerti con la stessa dolcezza di un affabile Pifferaio

La memoria degli uomini è breve ma gli istinti difficilmente sbagliano ed è riprovato che i grandi cambiamenti, portano alle rivoluzioni e che spesso dopo un periodo di splendore si apre l’abisso: così è stato con la Roma Imperiale seguita dalle Invasioni, così con la Rivoluzione Francese a cui è seguito il Periodo del Terrore e penso infine alla Belle Epoque che ha preceduto il disastro della Grande Guerra. Il cambiamento continuo, progressivo e senza vittime è pura utopia, il vero cambiamento richiede trasformazioni che non andranno bene a tutti. Dobbiamo essere pronti agli anni “brevi” che ci attendono, come persone ma anche come società, come Sistema-Paese, Gaggia (autore del libro Homo Premium) parla di una prospettiva di progressiva settorializzazione della società: ai migliori, ai più meritevoli, i servizi migliori ed agli altri ciò che resta. 
E’ un discorso che mi ha colpito molto: il Domani con le sua straordinarie meraviglie, con le sue promesse di un mondo liberato dal lavoro fisico, di robot che curano il cancro, di viaggi verso nuovi mondi sarà necessariamente un mondo non per tutti. Non è pensabile una trasformazione che porti tutto a tutti, vanno considerati innumerevoli aspetti come la crescita demografica, che rappresenta la più grande delle minacce. Cambia il contesto, cambiano le situazioni ma le dinamiche rimangono immutate: ci sarà una nuova ed inedita frattura, oltre i vecchi paradigmi di Borghesia/Proletariato, oltre le distinzioni tra Primo e Terzo mondo, oltre gli Stati nazione; una frattura che riguarderà tutti noi indistintamente e che oggi già riguarda i diversi Paesi: la spaccatura sarà tra chi farà il Balzo e chi non riuscirà a compierlo. 
Per i primi le prospettive di crescita, di aumento di benessere sono straordinarie, la creazione di realtà-sistema interconnesse dal potenziale inimmaginabile mentre per i secondi, per coloro che non riusciranno a compiere il Balzo, si prospetta una posizione irrevocabile di gregari e/o sfruttati. 
L’Occidente rischia di uscire sconfitto o estremamente ridimensionato da questa sfida globale che si gioca non solo sul livello economico ma anche e soprattutto ideologico, nuove realtà ben più agguerrite sono già in corsa per raggiungere i posti al sole e l’Europa rischia di rimanere vittima sia della competizione internazionale ma anche e soprattutto delle sue stesse paure. 

In ultima analisi il tema genetico: alcuni Paesi stanno strutturandosi per una politica di ingegneria genetica umana, non si può parlare di genetica senza ritornare alla riflessione sulla eugenetica che ha goduto di grande stima ad inizio secolo scorso per poi cadere in disgrazia dopo gli orrori delle leggi razziali e dei campi di concentramento. Il tema apre ad innumerevoli punti di riflessione, se non possiamo essere i più numerosi possiamo forse pensare di essere migliori? Si può pensare di sopperire al calo demografico dell’Occidente con un impiego proficuo della ingegneria genetica? Sono domande che meritano tutta la nostra attenzione e la nostra disponibilità a pensare con paradigmi nuovi in relazione ai cambiamenti che stiamo vivendo.

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